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La S di Shopping

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RETAIL / EXPERIENCE / PHYGITAL

Prendiamo un prodotto un po’ particolare: i libri. I libri si leggono, ma sono anche oggetti molto amati. In una situazione di emergenza, però, ci si può e si deve accontentare: si può leggere un ebook, uno dei tanti libri che abbiamo già in casa, si può rileggere un libro amato, se proprio ne vogliamo leggere uno in particolare possiamo comprarlo online e averlo in pochi giorni. Eppure il 14 aprile, come primo timido segno di un ritorno alla normalità che non potrà che essere progressivo, in molte regioni italiane hanno riaperto le librerie.
Perché?

L’esperienza di un prodotto

L’esperienza della lettura non è facilmente separabile dall’esperienza dell’acquisto dell’oggetto da leggere, esperienza intima, a tratti mistica, piacevole in sé, a volte viene il sospetto più piacevole della lettura vera e propria. Al punto da superare le esigenze - e le normative - di contenimento di una grave epidemia e forse - vedremo - al punto di superare le paure. Forse. Racconta Christian Rocca che “Il New York Times e il Wall Street Journal in questi giorni avvertono i lettori che nessun essere umano ha toccato la copia fisica del quotidiano che viene consegnato davanti alla porta degli americani, tranne il delivery boy obbligato a indossare guanti e maschera.” Avremo davvero voglia di tornare in un negozio in cui è normale prendere un oggetto, aprirlo, toccarlo, sfogliarlo, lasciarlo sullo scaffale e ripetere diverse volte? Saremo davvero tranquilli al punto da portarci a casa - a letto! - un oggetto toccato da molti sconosciuti diversi?


Il futuro del processo d’acquisto

Nella risposta a questa domanda si nasconde un possibile progetto per il futuro del negozio, della grande distribuzione, del processo di acquisto stesso. Dobbiamo partire da qui, dal momento in cui inizia l’esperienza del prodotto: lo scelgo, lo prendo, lo porto alla cassa, lo infilo in borsa o in un sacchetto e me lo porto a casa.

Avremo più bisogno di tenere tutti a distanza o di immergerci in un ambiente frequentato da persone simili o noi? In un mondo in cui gli spazi pubblici - strade, parchi, piazze - tornano a nostra disposizione avremo voglia di entrare in un posto chiuso? Senza finestre? Gestito da persone o da aziende di cui non ci fidiamo del tutto? Scambiandoci fogli di carta che per loro natura passano di mano in mano? Provando capi che sono stati provati da altre persone prima di noi?


Una possibile soluzione: il Service Design

Non è possibile prevedere il futuro, ma è possibile progettarlo. Avremmo dovuto iniziare a farlo già prima, anzi, in molti lo fanno già da tempo, perché il Service Design è una realtà già ben nota e affermata. Per molti professionisti e molte aziende però la progettazione dell’esperienza è una novità assoluta, basta frequentare un po’ di negozi per capirlo. Iniziare a farlo adesso, in una situazione molto più complicata, paradossalmente può rendere il processo di apprendimento più veloce: possiamo dire che la S di shopping non è più solo Spesa, ma anche Sicurezza; non è più solo Subito, ma anche Salute. E soprattutto è Socialità, ma Sana e Scelta. Non folla, ma gruppo. Non coda, ma attesa, un po’ come succede da Starbucks, cioè la realtà che riprogettando il servizio ha aumentato il valore (e il prezzo) di un prodotto molto semplice.

Per iniziare a ragionare in termini di progettazione del servizio facciamoci una domanda: quanto piacere c’è nel comprare qualcosa? E che relazione c’è tra questo piacere e l’acquisto? Perché quello che ci dicono le statistiche di vendita dei libri nel mese di chiusura per epidemia è che ne abbiamo venduti e comprati molto meno. Iniziare a vedere la lettura come un processo che inizia (e a volte finisce) in libreria è una delle chiavi per immaginare negozi in cui le persone avranno voglia di entrare nei prossimi mesi.


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